Prendendo spunto dalla curiosità di una mia amica su come si presentava una casa al tempo degli antichi Romani ho pensato di parlarvi un pò delle abitazioni romane.
Come oggi il luogo, cuore della vita di tutti i giorni, è la casa, così era anche per i romani.
Da un punto di vista tipologico le case si suddividevano in due grandi categorie: le domus, ossia le case signorili, e le insulae, ovvero i caseggiati popolari, articolati in più piani e suddivisi in appartamenti.
Un primo mito da sfatare è che le case romane erano tutte grandi e belle come le immaginiamo oggi dai resti che ci sono pervenuti. In realtà se oggi disponiamo perlopiù dei resti di domus romane è perchè trattandosi di abitazioni di uomini ricchi questi potevano permettersi di utilizzare materiali resistenti e di qualità per la loro costruzione; lo stesso non possiamo dire per le insulae per le quali si utilizzavano materiali più deperibili, soprattutto il legno.
Inizialmente le stanze erano disposte intorno all' atrium che costituiva il fulcro della residenza, il cuore della vita familiare. In seguito l'assetto della domus divenne più complesso e la centralità dell'atrio divenne meno accentuata.
Gli elementi ricorrenti erano un primo corridoio di ingresso, il vestibulum a cui ne seguiva un altro che immetteva nell'atrio (fauces).
L' atrium era caratterizzato da un ambiente solitamente quadrato, aperto, con al centro una vasca chiamata impluvium, all'interno della quale si raccoglieva l'acqua piovana e collegata sotto a una cisterna sotterranea, in modo tale da conservare l'acqua; un lato dava sul giardino, il peristilio, un ambiente circondato da portici e pieno di vegetazione.
Dal cortile si accedeva ai cubicula, ovvero le stanze da letto che erano piccole e buie, senza finestre; al tablinum, che inizialmente aveva la funzione di sala da pranzo, dove le famiglie consumavano i pasti ma in un momento successivo diventò una sala di ricevimento degli ospiti; al triclinum che comparve successivamente e sostituì la sala da pranzo, era il luogo in cui si svolgevano i banchetti alla maniera greca, sui triclinari, ovvero dei letti. Vi era poi la taberna, la moderna cucina.
Il peristilio era sicuramente il vero ambiente di rappresentanza dove i romani amavano ostentare la propria ricchezza arricchendolo di statue e fontane; ancora oggi a Ercolano e Pompei ne possiamo ammirare la bellezza. Il colore dominante delle pareti delle domus era il famoso "rosso pompeiano", altri colori utilizzati erano l'azzurro, il giallo, il verde. Sulle pareti venivano riprodotte scene di vita quotidiana, cibi che venivano consumati o immagini della famiglia che vi abitava. Inoltre si tendeva a rappresentare immagini legate alla funzione dell'ambiente in cui si trovavano per questo è stato possibile stabilire la funzione dei diversi ambienti. Gli ambienti di servizio come bagni, cucine o le stanze riservate alla servitù erano disposti in maniera non visibile agli ospiti ma comunque in una posizione da rendere possibili comunicazioni comode e veloci.
L' insula invece si articolava su più piani, il più delle volte l'ambiente a piano terra era costituito dalle botteghe di vario genere e di un soppalco per il deposito dei materiali e/o per l'alloggio degli artigiani più poveri. Generalmente i piani non erano meno di cinque, anche se da Augusto in poi si cercò di limitare l'altezza delle insulae imponendo delle misure standard; all'interno erano suddivise in più appartamenti che prendevano il nome di cenacula.
L'esterno di questi edifici popolari era decoroso, all'interno invece la situazione era caotica per la promiscuità d'uso degli spazi, spesso nello stesso ambiente si dormiva e si mangiava, e per l'assenza di alcuni servizi essenziali come i bagni. Nonostante i romani fossero dei bravi ingegneri idraulici e avessero dotato l'Urbe di acquedotti, nelle insulae, soprattutto negli appartamenti ai piani più alti, non arrivava l'acqua. Per i gabinetti utilizzavano quelli pubblici, le cosiddette latrine, di cui abbiamo alcuni esempi ad Ostia antica e di notte usavano dei vasi che i romani avevano l'abitudine di svuotare la mattina gettandone il contenuto dalla finestra.