I primi scavi vennero condotti da uno studioso francese, Jean Baptiste Lechevalier, che, nel 1785, Iliade alla mano, aveva attraversato la Troade identificando le Kirk Goz, le "quaranta fonti" presso Pinarbashi, con le sorgenti calda e fredda dello Scamandro, descritte nel poema.
Nel 1864 il tedesco Johann Georg von Hahn volle verificare la tesi di Lechevalier e sulla collina trovò i resti di un antico insediamento. A questo punto venne data per certa l'identificazione ma Schliemann non era veramente convinto e anzi voleva provare l'infondatezza dell'identificazione.
Sembra però che non intuì da subito che Troia potesse trovarsi sulla collinetta di Hissarlik e che fu il console britannico Frank Calvert, grande conoscitore della Troade, dal momento che la sua famiglia da tempo risiedeva in quella zona, che gli indicò la collinetta.
Il console così avvio degli scavi che gli consentirono di portare alla luce parti del tempio di Atena e settori delle mura di fortificazione di Troia VI, che risalivano alla media età del Bronzo. Calvert si rese conto, inoltre, che la collina di Hissarlik era composta da una serie di strati sovrapposti appartenenti a diverse epoche dell'insediamento.
La città di Troia |
Schlielmann, sollecitato dal collega britannico, decise di intraprendere le prime esplorazioni che furono condotte tra il 1870 e il 1873. Schlielmann era convinto che la città di Priamo si trovasse nello strato più basso della collina e che quindi doveva arrivare al terreno vergine. Così scavò, nel 1871, un enorme trincea larga quattro metri e ogni giorno sempre più profonda. Dopo due mesi di scavi ormai pensò di aver sbagliato, che la città non si trovasse lì, ma decise comunque di continuare le operazioni di scavo. Soltanto nell'anno successivo Schlielmann raggiunse le imponenti mura che identificò con quelle della città descritta da Omero. A poco a poco emersero, oltre le mura, anche i resti delle porte, delle strade che fecero da scenario alle gesta di Ettore e Paride. Ecco che giunse a una scoperta eccezionale, una delle più citate nel mondo dell'archeologia: nei pressi della cosiddetta "casa di Priamo", venne alla luce un tesoro inestimabile composto da recipienti in oro, argento e bronzo e numerosi gioielli. La scoperta avvenne nel 1873.
La "maschera di Agamennone", "tesoro di Priamo", Museo Archeologico Nazionale di Atene |
Schlielmann non sapeva però che aveva oltrepassato lo strato propriamente "omerico" per raggiungere una città ancora più antica che gli archeologi in seguito denominarono "Troia II". A questa fase risale il cosiddetto "tesoro di Priamo", all'incirca tra il 2600 e il 2200 a.C. Dunque il tesoro apparteneva sicuramente a un principe o a un re molto potente ma che non si poteva identificare con Priamo. In ogni caso questo strato di "città bruciata" venne identificato con l'antica Ilios, città cantata da Omero. Lo scopritore di Troia morì prima di poter accedere alla prova definitiva che la città che aveva messo in luce era più antica di quella descritta da Omero. Fu l'archeologo Wilhelm Dörpfeld a riportare alla luce tra il 1893 e il 1894 lo strato più recente della città denominato "Troia VI", corrispondente all'agglomerato insediativo che ancora oggi è riconosciuto come la città descritta da Omero. In realtà la questione non è risolta perchè sono ancora tanti i dubbi e le domande che ci si pone sia sulla storicità della guerra di Troia, sia sulla reale corrispondenza di questa città con quella omerica. Una cosa è certa è esistita una città composta di nove strati e che ha avuto una continuità insediativa che va dal 3000-2600 a.C. all'età bizantina, che si tratti invece della città protagonista del poema omerico a noi piace pensare che sia così,