In breve: Gucci avrebbe offerto fior di milioni di euro per far sfilare, circa 15 minuti, modelle e modelli su una pedana posta tra il Partenone e l’Eretteo. Cosa ci sarebbe di male, in fondo? Se conosco un po’ il mondo greco dall’antichità ad oggi, capisco bene la loro ferma decisione. È un popolo molto nazionalista e legato alle sue radici e alla sua cultura millenaria: l'Acropoli era un luogo sacro per gli antichi Greci ed oggi possiamo dire che mantiene questa sacralità anche per i greci del terzo millennio. Si và ben oltre ad una questione puramente economica.
Chi pensa siano stati dei pazzi, forse conosce poco la Grecia e le sue origini. È vero, non è una nazione messa bene, crisi, debito pubblico e chi ne ha più ne metta, ma accettare avrebbe voluto dire rinnegare il proprio pensiero. Gucci avrebbe offerto 2 milioni di euro solo per restaurare l’Acropoli, oltre gli 80 tra pubblicità e diritti televisivi, e qui nasce una polemica infinita che ha spinto a fare controproposte: “Gucci vieni alla Valle dei Templi ad Agrigento”, “Gucci vieni alla Reggia di Caserta”.
Che siano provocazioni o meno, resta il fatto che il rifiuto di Atene è stato visto come chi rifiuta oggi un lavoro in Italia perché va contro i suoi principi ed ideali, nessuno lo farebbe. Atene invece ha fatto una scelta di pancia, azzardata, come se avesse giocato al gioco dei pacchi “Affari tuoi”, rifiutando l’offerta del “dottore Gucci”, ed andando avanti per la sua strada.
Possiamo biasimarla? Non so, le scelte degli altri bisogna rispettarle nel bene o nel male. Atene ha deciso di non vendere la sua cultura perché vale molto ma molto di più.
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