In un precedente articolo ho parlato dei famosi quattro "stili pompeiani" in cui ho illustrato le caratteristiche di ogni stile pittorico romano che è stato classificato sulla base degli affreschi pompeiani (vi rimando all'articolo in questione I quattro "stili pompeiani" ), qui vorrei fare invece un'appendice sulle tecniche utilizzate per dipingere questi affreschi parietali su suggerimento di una cara lettrice e fan del mio blog.
Ci si chiede infatti: come ottenevano i colori? Erano diluiti? Come hanno resistito così a lungo?
Dalle testimonianze che abbiamo i colori usati erano perlopiù il giallo, il rosso, il verde, il blu e il nero; colori forti e brillanti di origine minerale, vegetale e animale, che davano un'immagine di vivacità lontana da quella che siamo abituati a vedere con il candore e purezza dei marmi bianchi.
La tecnica pittorica utilizzata ci è stata tramandata da Plinio il Vecchio e Vitruvio.
Plinio il Vecchio ci parla della tecnica dell'encausto, Vitruvio di quella dell'affresco, ma essendo la seconda più resistente si propende oggi a ritenere fosse quella utilizzata per esempio negli affreschi pompeiani giunti fino ai nostri giorni quasi intatti.
La tecnica dell'encausto consisteva nel mescolare i colori con la cera "punica", ovvero una cera fatta bollire in acqua di mare, si otteneva così una tempera densa da diluire eventualmente con l'acqua.
La tecnica dell'affresco prevedeva che il colore fosse steso su un intonaco ancora fresco e questo permetteva ai colori di restare in eterno, sempre lì.
Vitruvio ci descrive la tecnica nel libro VII, capitolo III e IV, ripropongo alcuni estratti:
"colores autem, udo tectorio cum diligentere sunt inducti, ideo non remittunt sed sunt perpetuo permanentes, quod calx, in fornacibus excocto liquore facta raritatibus evanida, ieiunitate coacta corripit in se quae res forte contingerunt, mixtionibusque ex aliis potestatibus conlatis seminibus seu principiis una solidescendo, in quibuscumque membris est formata cum fit arida, redigitur, uti sui generis proprias videatur habere qualitates"
"questi colori diligentemente stesi sull'intonaco ancora umido, appunto per questo non si staccano, ma rimangono in eterno, perchè la calce, la quale ha perso tutta la sua umidità nella fornace ed è divenuta porosa, quasi costretta dalla fame assorbe tutta l'umidità con cui si trova a contatto, e con nuove mescolanze attraendo a sè gli elementi dei corpi su cui è stesa e di nuovo solidificandosi insieme con essi e prosciugandosi, si ricostituisce in modo da riprendere le qualità iniziali su proprie".
Spero di aver soddisfatto la curiosità di questa nostra lettrice, alla prossima ;)
giovedì 25 febbraio 2016
Tecniche di pittura dell'Antica Roma
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