giovedì 20 novembre 2014

La città di Troia o Ilios

Vi ricordate la celebre leggenda di Troia che per secoli ha arrovellato le menti di tanti studiosi e ancora oggi desta fascino e mistero? A tal proposito vorrei parlarvi di un'altra grande scoperta di tutti i tempi: la scoperta della città di Troia o di Ilios, in greco.
I primi scavi vennero condotti da uno studioso francese, Jean Baptiste Lechevalier, che, nel 1785, Iliade alla mano, aveva attraversato la Troade identificando le Kirk Goz, le "quaranta fonti" presso Pinarbashi, con le sorgenti calda e fredda dello Scamandro, descritte nel poema.
Nel 1864 il tedesco Johann Georg von Hahn volle verificare la tesi di Lechevalier e sulla collina trovò i resti di un antico insediamento. A questo punto venne data per certa l'identificazione ma Schliemann non era veramente convinto e anzi voleva provare l'infondatezza dell'identificazione.
Sembra però che non intuì da subito che Troia potesse trovarsi sulla collinetta di Hissarlik e che fu il console britannico Frank Calvert, grande conoscitore della Troade, dal momento che la sua famiglia da tempo risiedeva in quella zona, che gli indicò la collinetta.
Il console così avvio degli scavi che gli consentirono di portare alla luce parti del tempio di Atena e settori delle mura di fortificazione di Troia VI, che risalivano alla media età del Bronzo. Calvert si rese conto, inoltre, che la collina di Hissarlik era composta da una serie di strati sovrapposti appartenenti a diverse epoche dell'insediamento.
La città di Troia

Schlielmann, sollecitato dal collega britannico, decise di intraprendere le prime esplorazioni che furono condotte tra il 1870 e il 1873. Schlielmann era convinto che la città di Priamo si trovasse nello strato più basso della collina e che quindi doveva arrivare al terreno vergine. Così scavò, nel 1871, un enorme trincea larga quattro metri e ogni giorno sempre più profonda. Dopo due mesi di scavi ormai pensò di aver sbagliato, che la città non si trovasse lì, ma decise comunque di continuare le operazioni di scavo. Soltanto nell'anno successivo Schlielmann raggiunse le imponenti mura che identificò con quelle della città descritta da Omero. A poco a poco emersero, oltre le mura, anche i resti delle porte, delle strade che fecero da scenario alle gesta di Ettore e Paride. Ecco che giunse a una scoperta eccezionale, una delle più citate nel mondo dell'archeologia: nei pressi della cosiddetta "casa di Priamo", venne alla luce un tesoro inestimabile composto da recipienti in oro, argento e bronzo e numerosi gioielli. La scoperta avvenne nel 1873.
La "maschera di Agamennone", "tesoro di Priamo",
Museo Archeologico Nazionale di Atene

Schlielmann non sapeva però che aveva oltrepassato lo strato propriamente "omerico" per raggiungere una città ancora più antica che gli archeologi in seguito denominarono "Troia II". A questa fase risale il cosiddetto "tesoro di Priamo", all'incirca tra il 2600 e il 2200 a.C. Dunque il tesoro apparteneva sicuramente a un principe o a un re molto potente ma che non si poteva identificare con Priamo. In ogni caso questo strato di "città bruciata" venne identificato con l'antica Ilios, città cantata da Omero. Lo scopritore di Troia morì prima di poter accedere alla prova definitiva che la città che aveva messo in luce era più antica di quella descritta da Omero. Fu l'archeologo Wilhelm Dörpfeld a riportare alla luce tra il 1893 e il 1894 lo strato più recente della città denominato "Troia VI", corrispondente all'agglomerato insediativo che ancora oggi è riconosciuto come la città descritta da Omero. In realtà la questione non è risolta perchè sono ancora tanti i dubbi e le domande che ci si pone sia sulla storicità della guerra di Troia, sia sulla reale corrispondenza di questa città con quella omerica. Una cosa è certa è esistita una città composta di nove strati e che ha avuto una continuità insediativa che va dal 3000-2600 a.C. all'età bizantina, che si tratti invece della città protagonista del poema omerico a noi piace pensare che sia così,

martedì 4 novembre 2014

La Villa dei Papiri

Ricostruzione virtuale della Villa
La Villa dei Papiri fu scoperta per caso nel 1750 durante gli scavi avviati dai Borboni per mettere in luce l'antica Ercolano, sepolta dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
L'evento fu fortuito perchè, mentre si procedeva al di sotto di uno strato di lava dell'eruzione del 1631, vennero fuori alcuni frammenti di marmo. Continuando nello scavo si giunse ad un'exedra circolare sopraelevata, ricoperta di un pavimento a intarsio di marmi policromi: si era arrivati al belvedere di una sontuosa villa di grandi dimensioni. In una galleria si seguì un lungo muro che altro non era che il muro di fondo di un ambulatio di un solarium, cioè di una lunga terrazza riparata a nord dal muro ed esposta a sud verso il mare e destinata forse alle passeggiate post prandium. Dalla lunga galleria si giunse ad alcuni ambienti che precedevano un immenso peristilio, circondato da colonne, al centro del quale era una grandiosa piscina. Fra gli intercolumni del peristilio, nella zona del giardino, al bordo della piscina, erano le statue che ora sono conservate nel Museo Nazionale di Napoli. Si arrivò poi al tablinum e in due punti diversi dell'ambiente si trovarono svariati papiri, in gran numero latini. In tutto furono trovati 850 rotoli. Gli scavatori borbonici non compresero subito che si trattava di papiri; a prima vista in effetti sembravano dei carboni. Con un occhio più attento compresero che non erano semplici carboni, avendo delle misure regolari, e all'inizio si pensò a involti di stoffa, a reti per caccia e pesca. Secondo una testimonianza antica, in seguito allo spezzarsi di uno di essi, si notarono delle lettere e si comprese si trattassero di testi scritti.
Da quel momento in poi iniziò la difficile operazione di svolgimento dei papiri.
Vennero mandati al Museo di Portici dove nacque l'Officina dei papiri ercolanensi.
Alcuni di essi vennero persi proprio durante i tentativi del loro svolgimento.
Dopo aver provato diverse tecniche, utilizzando il mercurio, l'acqua di rose, senza esito, si affidò il compito all'abate Antonio Piaggio, il quale ideò una famosa macchina con la quale sono stati svolti la maggior parte dei rotoli di papiro.
I papiri hanno restituito anche testi inediti come il "Sulla musica" di Filodemo e l'XI libro dell'opera fondamentale di Epicuro, "Della natura".
Il nucleo originario del patrimonio librario ercolanense si formò in Grecia e fu successivamente portato in Italia forse da Filodemo stesso in occasione del suo trasferimento a Roma e poi ad Ercolano. Ad esso poi si aggiunsero testi filodemei copiati su suolo italico.
A chi apparteneva questa sontuosa Villa ad Ercolano? Da momento che i testi restituiteci dalla biblioteca sono opere di Filodemo, filosofo epicureo, e la Villa è un edificio sontuoso, ricco di arredo non comune per quantità e qualità, doveva appartenere a un personaggio di ceto e censo elevati e poichè sappiamo da Filodemo stesso e da Cicerone che il filosofo di Gadara era amico e protetto da Lucio Calpurnio Pisone, suocero di Giulio Cesare, si è supposto che la Villa appartenesse proprio alla famiglia dei Pisoni. Quest'ipotesi è ancora oggi quella più probabile e accettata da tutti.
La costruzione della Villa è datata tra il 60 e il 50 a.C.
Dopo la seconda metà del 1700 altri scavi furono effettuati nel 1980. Nel 1986 iniziarono le attività di scavo a cielo aperto. Venne riaperto un pozzo borbonico, il pozzo Veneruso, grazie al quale gli archeologi si trovarono in prossimità della cosiddetta "colonna gemina" in corrispondenza cioè del passaggio tra il grande giardino rettangolare e gli ambienti dei tablinum, ovvero le stanze in cui furono trovati i primi papiri. Il sopralluogo continuò anche nel pozzo "Ciceri 1" e si potè stabilire con certezza la planimetria della villa.
Planimetria di Weber
Si constatò che oltre il piano documentato dall'architetto Weber all'epoca borbonica vi era anche un altro piano che non era stato individuato dall'esplorazione settecentesca.

Villa dei Papiri oggi
Gli ambienti visibili oggi sono l'atrio, la basis villae, ed alcune stanze di un livello inferiore.
Una bellissima ricostruzione virtuale della magnifica Villa dei Papiri di Ercolano si può ammirare al M.A.V. di Ercolano, dove si può rivivere l'atmosfera e la magia di quella biblioteca in cui migliaia di anni fa studiosi da ogni dove venivano per consultare testi e per discutere di filosofia.