mercoledì 24 settembre 2014

Ara Pacis Augustae

Dalle Res Gestae di Augusto, dai Fasti di Ovidio e dai calendari, sappiamo che il Senato decretò che venisse eretta un' ara nel Campo Marzio per celebrare le vittoriose campagne militari di Augusto in Spagna e in Gallia e dunque l'ottenuta Pax Augusta.
Il voto e la constitutio dell'altare ebbero luogo il 4 luglio del 13 a.C., mentre la dedicatio, a completamento dell'opera, fu celebrata il 30 gennaio del 9 a.C.
I primi resti dell' Ara Pacis vennero alla luce nel 1568 nelle fondazioni di un palazzo di fronte alla chiesa di S. Lorenzo in Via Lata (l'attuale Via del Corso), mentre gli scavi regolari vennero eseguiti nel 1903 e nel 1937-38, riuscendo a ricostruire gran parte dell'altare.
Il vero e proprio altare si trova all'interno di un recinto che è posto sopra un basso podio a cui si accede tramite una rampa di nove gradini; il recinto è di forma pressochè rettangolare e presenta due aperture sui lati brevi; vi sono poi sia all'interno che all'esterno quattro pilastri angolari e altrettanti presso le due aperture/porte che vanno a sostenere un architrave. La decorazione interna del recinto non ha alcuna connessione con quella esterna. All'interno troviamo, in alto ghirlande sorrette da teschi di bue, ovvero bucrani simbolici residui del sacrificio, e patere, recipienti rotondi in metallo usati nelle offerte per versare un liquido sull'altare; in basso abbiamo la riproduzione in marmo di una staccionata di tavole; i due fregi sono separati da una fascia a palmette e fiori di loto eretti.















All'esterno il recinto presenta una decorazione che a sua volta è costituita da elementi indipendenti dal punto di vista strutturale. La decorazione si divide in due fregi: quello in alto figurato e quello in basso con girali d'acanto, separati da una fascia a meandro.
Il fregio figurato si divide in due parti ben distinte: i quattro pannelli presso le porte rappresentano scene mitiche e allegoriche, mentre i due fregi sui lati lunghi rappresentano una scena di processione-assemblea che va intesa come unitaria.
Per quanto riguarda i due pannelli presso la porta principale rappresentano, a sinistra una scena di Lupercale, ove vi è presentato il mito delle origini di Roma: Marte armato, padre dei gemelli, e il pastore Faustolo che assistono presso il ficus Ruminalis all'allattamento di Romolo e Remo da parte della lupa.
Nel pannello di destra vi è raffigurato il sacrificio di Enea agli dei Penati.
Sull'altro lato breve abbiamo sul pannello di sinistra, integro, la personificazione della "Saturnia Tellus"; si tratta di una figura allegorica che potrebbe rappresentare Venere genitrice o di una personificazione dell'Italia o ancora della Pax, volendo rimandare all'immagine della pace che governa sull'Italia. Nel pannello di destra invece abbiamo la personificazione di Roma in veste di amazzone seduta su una catasta di armi.
Sui lati lunghi, come abbiamo accennato, vi è rappresentata una processione che potremmo dividere in due parti, una ufficiale con i sacerdoti e una semi-ufficiale con i membri della famiglia di Augusto.
La processione dovrebbe iniziare sul lato meridionale, che è il più importante perchè si rivolge verso la città; vi dovrebbero essere rappresentati i dodici littori, poi seguivano i togati in cui vanno riconosciuti i pontefici e tra questi al centro Augusto pontifex maximus e infine chiudevano quattro personaggi con il tipico copricapo apicato (il galerus). A questo punto si chiude la processione ufficiale e inizia quella della famiglia imperiale con un netto stacco. Si tratta ovviamente di ricostruzioni perchè non ci sono giunti integri i fregi e soprattutto sull'identificazione dei personaggi della famiglia di Augusto vi sono ancora dubbi.
C'è da dire che sicuramente non si tratta della rappresentazione realistica della processione ma semplicemente di una raffigurazione ideale della situazione "politica" della dinastia in quei quattro anni cruciali tra il 13 e il 9 a.C., in rapporto a problemi di successione.   
Dell' altare vero e proprio vi rimangono pochi resti, un fregio con personificazioni, forse di province, in basso e un fregio con processione di vestali e di vittimarii in alto ed un pulvino di coronamento con girali e protomi leonine.
Nel complesso l' Ara Pacis è un monumento imponente pieno di significati allegorici e simboli, dal punto di vista artistico racchiude il carattere bipolare dell'arte romana imperiale, da un lato ritorno al classicismo dall'altro elementi di ambiente italico-romano.

mercoledì 17 settembre 2014

I Bronzi di Riace

In questi giorni non si fa che parlare della possibilità di esporre i Bronzi di Riace a Milano in occasione dell'Expo che si terrà dal 1 maggio al 31 ottobre 2015. Per questo motivo ho deciso di parlarvi di questi magnifici bronzi e raccontare la loro storia.
I Bronzi di Riace furono scoperti il 16 agosto 1972, nel tratto di mare antistante il comune calabrese di Riace Marina (da cui prendono il nome), da Stefano Mariottini, un appassionato subacqueo, in vacanza in Calabria durante un' immersione a circa 200 m dalla costa e a 8 m di profondità.
Con molta probabilità dovevano far parte del carico di una nave romana, forse diretta a Roma, poi naufragata.
Un primo restauro venne effettuato tra il 1975 e il 1980 a Firenze. L'operazione consistette nella pulizia e conservazione delle superfici esterne; si cominciò con l'asportazione della terra di fusione dall'interno delle statue che era diventata corrosiva poichè nel corso del tempo si era impregnata di cloruri. La rimozione della terra si concluse negli anni 1992-1995 in un'operazione che si trasformò in un vero e proprio micro-scavo stratigrafico utilizzando un sofisticato dispositivo ispirato alla strumentazione per la chirurgia microinvasiva.
Terminate le operazioni di pulizia le due statue furono collocate nel Museo di Reggio Calabria dove ancora oggi si possono ammirare.
I Bronzi sono quasi certamente opere originali dell'arte greca del V sec. a.C., costituendo già in questo senso un unicum, in quanto le statue greche a noi pervenute sono pochissime; infatti la maggior parte delle statue conservate nei musei di tutto il mondo sono copie romane di originali greci.
Le statue, denominate "A" e "B", sono più grandi del vero alte l'una 1,98 m e l'altra 1,97 m; rappresentano due uomini completamente nudi armati di scudo (tenuto con la sinistra), di lancia (tenuta con la destra) ed elmo, forse smontati per l'imbarco per permettere di adagiarli sulla schiena e facilitarne il trasporto.
La lancia era probabilmente verticale e poggiata a terra nella statua "A" e sospesa nell'aria per la statua "B" dove il solco di appoggio dell'asta non si trovava solo sull'avambraccio ma anche sulla spalla.
La testa della statua A ha una resa raffinatissima della barba con ciocche sinuose e una capigliatura trattenuta da una larga fascia; la bocca ha le labbra in rame e i denti in lamina d'argento. Gli occhi hanno ciglia in lamina bronzea, le cornee in avorio e le iridi, non conservate, erano probabilmente in pasta vitrea.
La testa della statua B si presenta liscia e deformata ricoperta da una cuffia di cuoio o di feltro; la bocca è sempre realizzata in rame; si conserva solo l'occhio destro con la cornea in marmo bianco.
I due Bronzi presentano una struttura detta "a chiasmo", ovvero a ritmo incrociato: alla gamba destra su cui grava l'intero peso corrisponde il braccio sinistro piegato, alla gamba sinistra flessa ed avanzata corrisponde il braccio destro abbassato.
Il bronzo A risulta più nervoso e vitale mentre il bronzo B più calmo e rilassato.
Statua A
Le differenze stilistiche delle due statue secondo alcuni studiosi sono da attribuire a due autori diversi ma contemporanei tra il 458 e il 450, secondo altri a due scultori operanti in anni diversi l'uno nel 460/450 ( si tratterebbe di Fidia; statua A), l'altro nel 430/410 (si tratterebbe di Alcamene; statua B), ma nel corso degli anni si sono susseguite tantissime ipotesi e ancora oggi ci sono dubbi sulla datazione, la provenienza e gli autori.
Statua B

Le statue oggi sono esposte nel Museo di Reggio Calabria, all'interno di una sala dotata di un sistema di controllo del clima mantenuto sui 20° d'inverno e sui 25-27° d'estate e un tasso d'umidità del 35-40%, per evitare l'innescarsi di nuovi fenomeni di corrosione. Questo è uno dei motivi principali per cui la Sovrintendente ai beni archeologici della Calabria, Simonetta Bonomi, non è del tutto favorevole al loro spostamento.
Trovate sul link, che riporto di seguito, un'intervista in cui la Sovrintendente spiega che non vi è stata in merito una richiesta formale da parte dell'Expo http://www.calabriaonweb.it/2014/09/09/magnifici-bronzi-si-visitano-reggio-calabria-bonomi-dalle-olimpiadi-al-g8-al-2010-polemiche-cicliche-ma-lexpo-formalmente-non-li-ha-mai-richiesti/.
Al di là di tutte le polemiche, che spesso a mio avviso sono inutili e a vantaggio soltanto dei personaggi che le "costruiscono", ho ritenuto importante far conoscere la storia di queste due bellissime statue, opere di cui tutti dovremmo andar fieri, patrimonio della nostra storia culturale.


martedì 16 settembre 2014

Dioniso/Bacco

La versione più famosa del mito di Dioniso è che quest'ultimo era figlio di Zeus, che travestito da uomo mortale, ebbe un'avventura con Semele, figlia di Cadmo re di Tebe; la moglie Era, gelosa, consigliò a Semele, già incinta di sei mesi, di chiedere al suo amante di rivelarsi nella sua vera forma altrimenti avrebbe sospettato che fosse un mostro. Zeus rifiutò la richiesta e Semele gli negò il suo letto. Il dio furibondo scatenò tuoni e fulmini causando la morte di Semele. Ermete riuscì a salvare il bambino cucendolo nella coscia di Zeus dove potè maturare gli ultimi tre mesi. Ecco perchè Dioniso è detto "nato due volte".
Dioniso fu dato da Era ai Titani i quali lo sbranarono e ne bollirono i resti.
Ma la nonna Rea, madre di Zeus, gli ridonò la vita.
Zeus allora l'affidò a Persefone che lo condusse dal re di Orcomeno Atamante, e convinse sua moglie Ino ad allevare Dioniso negli alloggi delle donne travestito da fanciulla. Ma Era non si lasciò ingannare e punì la coppia con la pazzia, cosicchè Atamante uccise il figlio scambiandolo per un cervo. Ermete seguendo le istruzioni di Zeus trasformò Dioniso in un capretto o ariete e lo portò dalle Ninfe sul Monte Nisa in Elicona. Fu proprio sul Monte Isa che Dioniso inventò il vino che gli portò grande fama. Quando raggiunse la maturità, Era riconobbe in lui il figlio di Zeus, nonostante fosse effeminato a causa dell'educazione ricevuta, ma lo fece impazzire. Dioniso così iniziò a vagare per il mondo accompagnato dal suo tutore Sileno e da un gruppo di Satiri e Menadi, le cui armi erano dei bastoni ricoperti di foglie di edera e spade. Navigò in Egitto, poi si diresse verso l'India poi tornò in Occidente, invase la Tracia, poi passò in Beozia dove riuscì a far accettare il suo culto. Tornò nell'Egeo e ovunque si recava diffondeva gioia e terrore pervaso da questa euforia, questa ebrezza che spesso sfociava in violenza.
A Nasso incontrò la bella Arianna che Teseo aveva abbandonata e la sposò senza indugio. Infine affermato il suo culto in tutto il mondo Dioniso ascese al cielo e nell'Olimpo siede alla destra di Zeus.
Sileno e Dioniso di Lisippo (310-300 a.C.),
Glyptothek , Munchen
Il filo conduttore della storia di Dioniso è la diffusione della vite in Europa, Asia e Africa settentrionale. Il cosiddetto trionfo di Dioniso consistette nell'affermarsi della superiorità del vino su ogni altra bevanda inebriante.

Hermes con Dioniso fanciullo di Prassitele (350-330 a.C.),
Museo archeologico di Olimpia











Pittura parietale. Da sinistra verso destra: Sileno che fa bere
 un giovane Satiro, mentre un altro Satiro regge una maschera
spaventosa; Dioniso seduto con Arianna; scena di iniziazione,
Villa dei misteri, Pompei




Dal punto di vista archeologico e storico-artistico troviamo diverse rappresentazioni di Dioniso, da giovinetto di bell'aspetto a uomo barbuto a un vecchio grasso e buffonesco. Di seguito vi propongo alcune raffigurazioni scultoriche e pittiche; ricordo a tutti che le statue sono copie romane di modelli greci, dunque non originali.
Dioniso ed Eros.
Rielaborazione del II sec. d.C.
di un originale
di fine IV sec. a.C.,
Museo Archeologico Nazionale di Napoli


lunedì 15 settembre 2014

Tutankhamon

Uno dei faraoni più famosi della storia dell'Egitto è Tutankhamon a cui è legata una curiosa maledizione secondo la quale chiunque scoperchi la sua tomba sarà punito. Questa leggenda nasce con la scoperta della tomba nel 1922 da parte dell'archeologo britannico Howard Carter il cui sogno era di scoprire le tombe dei due faraoni della XVIII dinastia, ovvero la tomba di Amenothep/Akhenaton e quella di suo figlio Tutankhamon.
La sua determinazione infatti lo portò a scoprire la tomba del faraone bambino.
In seguito alla morte precoce del finanziatore della spedizione di Carter, il ricco nobile inglese Lord Carnavon, punto da una zanzara infetta, si attribuì la sua morte alla scoperta della tomba del faraone. In realtà, probabilmente, doveva trattarsi di una trovata pubblicitaria per giustificare la lentezza nelle operazioni di svuotamento della tomba; tra l'altro Lord Carnavon aveva già un fisico indebolito da un precedente incidente stradale e ogni piccola infezione gli poteva essere fatale.
Chi è Tutankhamon?
Tutankhamon, il cui nome significa letteralmente "Immagine vivente di Amon", era figlio di Akhenaton e di una giovane regina di nome Kya. Tra le ipotesi iniziali sulla paternità del faraone bambino vi era anche il faraone Amenothep. Attraverso la comparazione del DNA con altre mummie si arrivò poi alla conclusione che il padre di Tutankhamon doveva essere Akhenaton e il nonno Amenothep III.
Poichè il fratellastro Amenofi IV aveva imposto il culto di Aton, dio del Sole, abolendo il culto tradizionale di Amon e aveva spostato la capitale da Tebe (oggi Luxor) ad Akhetaton (oggi Tell el-Amarna), Tutankhamon per farsi accettare dai sacerdoti ritrasferì la capitale a Tebe e ripristinò il culto di Amon attraverso il celebre "Editto della Restaurazione"; egli stesso inoltre cambiò il suo nome da Tutankhaton a Tutankhamon.
La fama di questo giovane faraone durò poco perchè morì poco più che ventenne.
La sua morte divenne quasi un mistero. Inizialmente si pensava fosse morto di una morte violenta, forse un assassinio politico. Negli anni 2000 però risulta, dalle analisi condotte sul corpo del faraone, che una malattia lo abbia portato alla morte, ancora da definire con precisione.
Molto più famoso è il suo sarcofago che ha restituito più di 5000 pezzi tra cui gioielli, oggetti ornamentali ricchi di oro e pietre preziose, nonchè statue e mobili di un valore inestimabile tra questi la famosa maschera funeraria d'oro massiccio conservata nel Museo Egizio del Cairo.

sabato 13 settembre 2014

La stele di Rosetta

Una delle grandi scoperte, che hanno dato una svolta nel mondo archeologico e storico, è quella della stele di Rosetta.
Tutti la conosciamo nei libri di storia perchè legata alla nascita della scrittura ma cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta, quando è stata scoperta e perchè è così importante.
La stele di Rosetta è una lastra di granito su cui è inciso un decreto di Tolomeo V scritto in tre lingue: geroglifico, demotico e greco.
Si tratta quindi di una sorta di traduttore in quanto conoscendo una delle tre lingue risulta facile tradurre le altre due.
Come tutte le grandi scoperte fu casuale. Durante la spedizione di Napoleone Bonaparte nel 1799 in Egitto, che mirava da un lato a far conoscere al mondo questa antica civiltà, dall'altro a frenare l'espansionismo degli inglesi, alcuni operai del forte di Rachid (Rosetta), durante i lavori di fortificazione, rinvennero questa stele in pietra e, nonostante non fossero archeologi di professione, subito si resero conto dell'importanza di questo manufatto.
Il 17 luglio 1799 venne annunciata la scoperta della stele di Rosetta nel seguente dispaccio:
"Nei lavori di fortificazione che il cittadino Dhantpoul, capo di battaglione del genio, ha realizzato al vecchio forte di Rachid, sulla sponda sinistra del Nilo, è stata rinvenuta una bella pietra di granito nero [..]. Uno dei lati della pietra presenta tre iscrizioni distinte, disposte in tre strati paralleli. La prima [..] è incisa in caratteri geroglifici. La seconda è redatta in caratteri che sembrano siriaci. La terza è scritta in greco [..]."
In realtà la seconda scrittura era demotico, una delle scritture di lingua egiziana.
La stele venne consegnata al generale Menou e venne inviata a Parigi dove ne fecero diverse copie, destinate agli studiosi di tutta Europa per poterla studiare. Nel 1801 arrivarono le forze inglesi per attaccare le armate di Napoleone. I generali inglesi conoscevano l'importanza della stele ed erano determinati ad impossessarsene; il generale Menou nascose la stele nella sua casa ad Alessandria inutilmente però, perchè il generale inglese Turner arrivò a casa sua e lo costrinse a consegnarla. Da quel momento in poi la stele di Rosetta occupa un posto d'onore nel British Museum a Londra.
La scoperta della stele ha permesso di decifrare il geroglifico, l'antica scrittura egizia che fino ad allora era rimasta un mistero, in quanto nessuno studioso, nonostante i  diversi tentativi, riuscì ad arrivare alla completa decifrazione.
Jean-Francois Champollion, nato nel 1790 e morto nel 1832, fin da bambino si era proposto di riuscire un giorno a leggere la misteriosa scrittura degli Egizi e nel 1808 ricevette una copia della stele.
Per ben 10 anni tentò la decifrazione e finalmente il 22 settembre del 1822, grazie anche alla sua conoscenza del copto, ovvero la fase finale della lingua egizia, pronunciò la famosa frase "Je tiens l'affaire!": aveva decifrato i geroglifici.
Con questa data si è anche soliti far iniziare l'egittologia, cioè la scienza che studia la civiltà egizia dal punto di vista scientifico.

venerdì 12 settembre 2014

Il Teatro di Pompei

Salve a tutti! Per inaugurare il mio blog ho pensato di parlarvi dell'argomento che è stato oggetto della mia tesi triennale: il Teatro di Pompei.
Sebbene di Pompei si conosca soprattutto l'Anfiteatro, il Teatro risulta essere una struttura più interessante dal punto di vista architettonico, costituendo quasi un unicum all'interno della tipologia architettonica dei teatri.
Prima di illustrarvi la descrizione del Teatro, come farebbe una brava guida turistica archeologica, vorrei introdurvi brevemente la storia dell'edificio teatrale romano.
Innanzitutto: perchè si chiama "teatro"? Da dove nasce questo termine? Sono le prime domande che ci poniamo quando entriamo in uno di questi edifici sia moderni che antichi. Ebbene il termine deriva dal verbo greco θεάομαι che significa "guardare", "essere osservatore", ci rimanda quindi alla effettiva funzione dell'edificio. Il teatro, però, oltre ad essere luogo di rappresentazioni sceniche e ludiche, aveva talvolta la funzione di luogo di riunione, di assemblea, dove si pronunciavano le orazioni.
Una cosa curiosa legata a questi edifici è il fatto che si sviluppano più tardi rispetto all'attività teatrale, infatti inizialmente l'allestimento di rappresentazioni teatrali era vietato da una legge e quindi iniziarono a diffondersi tra il III e il II sec. a.C. delle scene temporanee, costruite in legno e itineranti, fatte solamente di gradini, mentre la scaena era montata temporaneamente; si tratta dei theatra lignea di cui ci parla anche Vitruvio.
Teatro di Pietrabbondante
Non tutti sanno che i veri e propri teatri in pietra nascono in Campania, in epoca sannitica, alla fine del III sec. a.C., tra questi citiamo i teatri di Sarno, Pietrabbondante, oltre quello di Pompei.
Teatro di Sarno









Ritornando al Teatro di Pompei, gli scavi dell'edificio iniziano il 24 luglio del 1764 quando emersero diversi indizi che facevano pensare alla presenza di un teatro; proseguono poi anche nell' '800 e negli anni '50 del Novecento con la figura di Amedeo Maiuri.
L'aspetto attuale del Teatro è quello che ha assunto l'edificio in età augustea.
Il Teatro si compone della cavea, ovvero la gradinata su cui il pubblico si sedeva per osservare gli spettacoli; inizialmente i gradini erano stati realizzati in tufo poi in fase augustea furono rivestiti in marmo. Oggi l'aspetto della cavea è stato completamente stravolto da un restauro moderno completato nel 2010. 

La cavea è suddivisa in tre ordini: ima cavea, media cavea e summa cavea.
L'ima cavea è la parte più bassa, costituita di quattro fila di sedili; era riservata ai decurioni, i membri del Senato locale.
La media cavea è composta di venti fila di sedili, partendo dall'ima cavea e arrivando fino alla crypta, ovvero il corridoio a volta. Alla media cavea si accedeva attraverso i scalaria, cioè delle rampe di scale che a loro volta suddividevano la cavea in cinque cunei (potremmo definirli i "settori" dei teatri moderni).
La summa cavea constava probabilmente di altre quattro fila di sedili (oggi non è visibile) poste su un piano soprastante la crypta, che era questo corridoio a volta che seguiva tutto il perimetro a semicerchio della cavea.
Ai lati della cavea troviamo i tribunalia che possiamo definire delle tribune d'onore riservate ad ospiti d'onore e affacciavano proprio sul palcoscenico.
Dinnanzi alla parte più bassa della cavea c'era l'orchestra che perde la funzione di ospitare il Coro, tipica del teatro greco, per ospitare invece funzionari pubblici e parenti.
Infine vi era la scaena frons, ovvero la scenografia e il palcoscenico, fatta in legno e dotata anche di elementi mobili che creavano degli effetti particolari; vi erano anche fori per il sipario che, a differenza di quelli moderni, si calava dal basso verso l'alto ad inizio spettacolo.
La scenografia consisteva nella riproduzione di facciate di palazzi principeschi.
Un'altra curiosità è che quello di Pompei, come molti teatri romani, era dotato di un sistema di copertura che riparava da sole dal momento che i spettacoli venivano rappresentati anche nelle ore calde; si trattava di una sorta di telone o tenda che andava a coprire tutta la cavea e l'orchestra.
Qual è la particolarità di questo Teatro? Si tratta di un teatro che evolve dal punto di vista architettonico nel corso della sua vita. Nasce tra la fine del III sec. a.C. e l'inizio del II sec. a,C. e si presenta come teatro greco, viene poi adeguato ai teatri romani che nascono successivamente in età repubblicana e poi imperiale, diventando in età augustea un vero e proprio edificio romano.
Buona lettura a tutti.
I. M.