mercoledì 16 dicembre 2015

La moda nell'Antica Grecia

Da un paio di anni, in particolar modo con l'avvento dei blog e dei tutorial su youtube, veniamo bombardati  da ragazze e ragazzi che dispensano consigli su come vestirsi, come abbinare colori e accessori, utilizzando spesso un linguaggio che facciamo fatica a capire, un misto tra inglese e parole "new age". Eppure, un tempo, la moda era a portata di tutti, gli abiti erano semplici ma allo stesso tempo avevano una propria eleganza e un proprio charme.
Catapultandoci all'incirca cinque secoli prima di Cristo ci rendiamo conto che l'abbigliamento era molto semplice; le donne indossavano il peplo, ovvero un rettangolo di stoffa, generalmente di lana, che veniva avvolto in vita formando dei drappeggi e fermato con una cintura e chiuso con spilloni sulle spalle, lasciando le braccia scoperte, il risultato finale era una sorta di tunica. Il peplo venne utilizzato fino alla metà del VI sec. a.C., verso la fine dello stesso secolo iniziò invece a diffondersi il chitone; si trattava di un abito più leggero, consistente in due rettangoli in lino detti ptèryges, sovrapposti e cuciti in lunghezza, anche questo era fissato in vita con un cordone o una cintura e fermato sulle spalle con spilloni in un primo momento e poi con vere e proprie cuciture in un secondo momento. Completava l'outfit (per utilizzare un termine moderno), l'himation, ovvero un mantello che poteva coprire sia le spalle che la testa utilizzato sia con il chitone che con il peplo.
Athena copia del I sec. a,C. dell'originale di Mirone den V sec. a.C.
Nell'immagine sopra Athena indossa un tipico peplo greco che vediamo fermato in vita da una cintura. Il colore era solitamente naturale tra il bianco o lo zafferano.
Statua di età flavia conservata alle Terme di Diocleziano mostra un esempio di chitone avvolto da himation.
                                                                                                                      
 Anche gli uomini indossavano chitone e himation; il chitone generalmente consisteva in una lunga tunica cucita su un lato e fermata sulla spalla da bottoni o cucita, molto simile quindi a quello femminile. Esistevano però due versioni, quella lunga fino ai piedi senza cintura ( il podères) che veniva indossato solo da dèi, uomini anziani o membri di spicco della comunità in quanto considerato un abbigliamento formale e prestigioso; l'altra versione era un chitone corto fino alle ginocchia che era un vestito da tutti i giorni indossato da soldati, cacciatori o comunque da uomini impegnati in attività quotidiane che avevano bisogno di un abbigliamento comodo e libero che non ostacolava le loro attività. L'himation aveva la stessa funzione di quello femminile, ossia un mantello poggiato sulla spalla e fatto cadere su un lato.
Per l'uomo esisteva anche la clamide; si tratta di un mantello corto fissato con una fibbia o uno spillone alla spalla sinistra così che il braccio destro rimaneva libero.
Nell'immagini che seguono abbiamo un esempio di chitone lungo e altri quattro esempi di chitone corto, himation e clamide.
Chitone maschile lungo
Chitone maschile corto, himation e clamide.

Per quanto riguarda le calzature sostanzialmente esistevano due tipi: uno "stivaletto" in pelle di diversa altezza che fasciava il piede e aveva diversi nomi (embàdes, endromìdes, kòthornoi ) e un sandalo vero e proprio detti krepìdai, blàutai.
Mentre l'abbigliamento maschile oggi è difficile da riproporre quello femminile invece ha avuto molto seguito anche ai giorni nostri con abiti che richiamano la moda di quel tempo, soprattutto per quanto riguarda gli abiti da sposa o gli abiti lunghi da cerimonia che vengono definiti infatti "alla greca", per non parlare dei sandali che in questi ultimi anni stanno riprendendo molto le forme tipiche dell'antica Grecia e anche dell'antica Roma.
Quando si dice "corsi e ricorsi storici"!

mercoledì 4 novembre 2015

L'archeologia nell'era del web 2.0

Parlare contemporaneamente di archeologia e tutto ciò che concerne l'informatica o internet sembra quasi un ossimoro, eppure anche la "scienza dell'antico" si è dovuta avvicinare a questo mondo che ci sembra così complesso.
Nel campo dell'informatica l'archeologia ha potuto formalizzare le proprie procedure d'indagine, ottimizzare i sistemi di catalogazione e gestione dei dati, sperimentare nuovi strumenti anche per il trattamento dei dati e la sua diffusione. Inoltre l'informatica si è così integrata nei metodi d'indagine dell'archeologia, dalle ricerche sul terreno a quelle in laboratorio che ha assunto un ruolo importante: da supporto operativo a contributo scientifico.
Nel campo della catalogazione e della tutela del patrimonio storico e artistico, parliamo del censimento di oggetti mobili e immobili, l'informatica ha assunto un carattere documentario, e ha avuto come punto di riferimento specifiche istituzioni pubbliche, in Italia ricordiamo il lavoro dell'Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione con sede a Roma. Oltre a queste istituzioni di carattere nazionale vi sono anche altre iniziative con lo stesso scopo di informatizzare i dati creando per l'appunto banche-dati, troviamo per esempio in rete materiale riguardante la numismatica e l'epigrafia. Comprendiamo bene, a questo punto, l'importanza dell'informatica e della rete nella capacità di accedere a fonti e documenti sparsi nel mondo in maniera quasi immediata.
Un altro campo importante in cui l'informatica è stata decisamente preziosa è quello relativo alla ricerca archeologica sul campo, dalla ricognizione allo scavo vero e proprio. Parliamo ad esempio dell'integrazione tra una banca-dati relazionale e un GIS (Geographic Information System); questo sistema permette di realizzare un modello georelazionale della realtà archeologica dove è possibile spesso trattare allo stesso tempo informazioni di carattere documentario, spaziale e tematico mirando a una comprensione d'insieme dell'antico assetto territoriale. Questo ha portato anche ad approfondire e perfezionare alcuni indirizzi di ricerca come la cartografia archeologica digitale, i modelli digitali del terreno, le visualizzazioni virtuali interattive che sono uno dei settori che ha riscosso maggiore successo negli ultimi anni. Infatti la realtà virtuale ha permesso, per esempio, la ricostruzione urbanistica di una città o di determinati complessi architettonici; è stato possibile non solo comprendere come si presentavano gli edifici all'epoca della loro costruzione ma anche di elaborare specifiche tecniche di restauro.
Ricordiamo che il M.A.V., il Museo Archeologico Virtuale di Ercolano propone ai visitatori installazioni virtuali di monumenti principalmente di Ercolano e Pompei, catapultandoli 2000 anni prima e facendoli vivere una giornata da antico romano, ed è un unicum nel suo settore.
Proprio ieri 3 novembre si è svolto un convegno intitolato "Condividere la sfida dei Musei Italiani. Scenari e Progetti del MUSEO 3.0" in cui si è discusso e ci si è confrontati sulla nuova sfida del musei, quella del progetto MuD, Musei Digitali, che ha l'obiettivo di migliorare le performance dei musei italiani in ambito digitale, con lo scopo di valorizzare il patrimonio culturale.
Potrebbe essere finalmente la svolta per avvicinare ancora di più i giovani, e non solo, al mondo dell'arte, dell'archeologia? o a convincerli a visitare un museo? Speriamo di si! Be positive! 

mercoledì 26 agosto 2015

Ercolano capitale 2016: la sfida di tutta la Campania.

Veduta scavi di Ercolano, foto di Immapaola Memoli

Veduta Vesuvio e scavi di Ercolano, foto di Immapaola Memoli
Ercolano, comune della provincia di Napoli, 60000 abitanti circa e un’unica sfida: sbaragliare le altre nove finaliste candidate a capitale della cultura italiana 2016-2017. Ce la farà? Non sarà facile ma ce la metterà tutta, anzi ,ce la metteremo tutta perché la sfida è soprattutto quella degli abitanti e di tutta la Campania.
Ercolano è, oltre a Taranto, l’unica finalista del Sud, un meridione spesso ricordato per mafia, camorra, 'ndrangheta, e poco per siti archeologici, musei, ville e tanto buon cibo. Ebbene Ercolano rappresenta molto più che un singolo comune, rappresenta una voglia di riscatto, una voglia di mostrare che Napoli, la Campania non sono solo “pizza, Vesuvio e mandolino” ma molto molto di più.
Entro il 30 ottobre si deciderà la capitale italiana 2016 ed entro il 15 dicembre la capitale del 2017. Si parla di cultura ed Ercolano trasuda cultura da ogni angolo. Vorrei così esporre i motivi per cui potrebbe rappresentare la cultura italiana nei prossimi anni. In primis accoglie uno dei più importanti siti archeologici al mondo, non a caso è patrimonio dell’Unesco; parliamo di un sito archeologico dove c’è ancora molto da mettere in luce, come il teatro romano, che, secondo diverse ricostruzioni virtuali, doveva essere molto bello.  Nei progetti della fondazione Packard, che si occupa da anni della conservazione del sito,  presto verrà messa in luce  un’altra parte abbastanza vasta dell’antico sito romano, distrutto dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Lo stesso Vesuvio, vulcano attivo, che imponente ci guarda dall’alto della sua bocca è uno fra i più studiati al mondo ed il primo ad essere stato studiato sistematicamente, studi che continuano ancora oggi grazie all’Osservatorio Vesuviano. Proprio da Ercolano parte la strada che conduce al cono del vulcano.
Legato al sito archeologico è la famosa Villa dei Papiri, una maestosa villa che si affacciava sul mare e frequentata dai più importanti studiosi dell’epoca, in quanto ospitava un’importante biblioteca contenente numerosi papiri.
Oltre agli scavi e al Vesuvio per cui Ercolano è conosciuta da molti, meno conosciuta probabilmente è la presenza di bellissime ville ottocentesche costruite come dimore estive in seguito all’arrivo dell’aristocrazia a Portici, tra queste ricordiamo Villa Favorita, Villa Campolieto, Villa Aprile. Inoltre il tratto di strada che collega Ercolano al vicino comune Torre Del Greco, ovvero Corso Resina, una volta era chiamato “Miglio d’oro” proprio per la qualità e quantità degli edifici che dominavano la strada.
Come sappiamo nel 1839 fu inaugurata la prima ferrovia italiana, la Napoli-Portici e la stazione Portici-Ercolano rappresentò allora il capolinea.
Nel 2007 viene inaugurato il M.A.V., Museo Archeologico Virtuale, che per la prima volta, grazie ad ottime ricostruzioni virtuali, ci trasporta nelle antiche Ercolano e Pompei facendoci capire come vivevano gli antichi abitanti romani.
A Pugliano si trova uno dei mercati più famosi in Campania, conosciuto anche come “mercato di Resina”, nato alla fine della seconda guerra mondiale come spaccio di divise militari lasciate dagli americani, poi diventato un importante mercato di abiti usati, vintage, pellami e accessori conosciuti con il nome di “pezze”. Ricordo che “Resina” è il nome che la città prese dopo la sua distruzione nel 79 d.C. fino al 12 febbraio 1969 quando il Presidente della Repubblica decretò il cambio del toponimo da Resina ad Ercolano.

Insomma Ercolano è piena di storia, cultura, folklore, da qui sono passati importanti personaggi quali Gabriele D’Annunzio e Johann Joachim Winckelmann; dunque invito tutti a credere in questa sfida e a "tifare" per questo piccolo comune, è la sua/nostra/vostra occasione di riscatto.

martedì 28 aprile 2015

Le terme romane

Le terme nell'antichità erano edifici pubblici dove era possibile fare bagni caldi o freddi e a cui erano connesse palestre e altri ambienti.
Sono uno degli edifici più conosciuti dell'architettura romana in quanto sono sopravvissuti oggi molti esempi.
Nell'antica Roma le terme svolgevano anche la funzione di luogo di incontro, passatempo, svago per tutte le classi sociali dal momento che l'entrata era gratuita.
Inizialmente nacquero in luoghi dove era possibile sfruttare le sorgenti naturali di acque calde e fredde o dotate di particolari doti curative. In epoca repubblicana erano costituite da ambienti che fungevano da spogliatoi e da locali con acqua corrente calda, fredda e tiepida rispettivamente (calidarium, frigidarium e tepidarium)  e da una palestra.
Nel periodo imperiale divennero sempre più grandi e lussuose. Erano di varia grandezza e ve ne erano ovunque in città e nelle case. Erano di mattoni o pietra, rivestite o meno di pietra pregiata o marmi, Avevano vetri sulle finestre e a seconda dei tempi erano suddivisi in maschili e femminili o no. Alcune, come le terme di Caracalla (215 d.C.), comprendevano biblioteche e grandi spazi pubblici coperti.
Grazie alle migliorie nelle tecniche di riscaldamento dell'acqua le terme si diffusero anche in città, lontane dalle sorgenti naturali.
Il sistema adottato era quello di un pavimento, il "vespaio", poggiato su file di pilastrini di mattoni     (le suspensurae). La combustione di legna e carbone avveniva in una camera di combustione, praefurnium, a cui si accedeva dall'esterno dell'edificio. I fumi e l'aria calda passavano al di sotto del pavimento asportati da canne fumarie (tubuli di terracotta), inserite nelle pareti della camera e uscivano poi sopra il tetto (vedi immagine sotto).
Questa sistema era detto hypocaustum, che in greco significa "riscaldamento da sotto". Attraverso questa tecnica si riscaldavano il pavimento, le pareti e l'acqua; negli ambienti più caldi (il calidarium) si potevano raggiungere anche i 50/60°.

La documentazione pompeiana ha contribuito fortemente  alla conoscenza della storia delle terme romane. Infatti possiamo fare riferimento alle Terme Stabiane il cui impianto iniziale non dovrebbe risalire oltre la metà del III sec. a.C. e le cosiddette Terme Repubblicane, costruite negli ultimi decenni del secolo successivo.
Le prime documentano alcune importanti tappe nella formazione delle terme di tipo romano: alla prima fase, nella quale alla palestra si affiancano anguste stanzette da bagno provviste di semicupi, subentra una progressiva e sempre più razionale integrazione fra lo spazio utilizzato per gli esercizi fisici e quello destinato ai bagni, nei quali vengono costruiti ambienti specializzati e innovativi sul piano architettonico e funzionale: lo spogliatoio (apodyterium), la stanza per la detersione con lo strigile (destrictarium) e le sale per i bagni freddi (frigidarium), tiepidi (tepidarium) e caldi (calidarium e laconicum). Le terme pompeiane mostrano fra l'età tardo-repubblicana e quella imperiale una serie di varianti d'impianto e di soluzioni funzionali: la scomparsa e il ripristino del laconicum; la separazione dei settori maschile e femminile; l'utilizzazione dello stesso spazio in momenti diversi da parte di uomini e donne. Non mancano stabilimenti dalla più complessa articolazione, costruiti da privati e destinati a un pubblico più ristretto, dove l'edificio adibito alla palestra spesso è ridotto o assente.

mercoledì 18 marzo 2015

Eclissi solare, il "Sole nero" per gli antichi

Mentre si attende con ansia l'eclissi solare che si terrà il 20 marzo e che introduce in qualche modo l'equinozio primaverile, si sta parlando molto del fenomeno legato ad alcune leggende secondo cui l'oscuramento del sole sarebbe presagio di avvenimenti negativi. 
In quanto fenomeni straordinari da sempre vengono associati a miti e leggende. Ricordiamo per esempio lo storico Erodoto che raccontando la guerra tra i Lidi e i Medi parlava del giorno che si tramutò in notte, riferendosi a un'eclissi solare che il matematico Talete di Mileto aveva a suo tempo predetto, il passo è il seguente: <<…scoppiò una guerra fra i Lidi e i Medi che durò per cinque anni, durante i quali più volte i Medi vinsero i Lidi e più volte i Lidi i Medi; e combatterono anche una battaglia di notte. Infatti mentre essi con pari fortuna proseguivano la guerra, nel sesto anno si scontrarono, e, nel corso della battaglia il giorno all’improvviso diventò notte. Talete di Mileto aveva predetto agli Ioni questo fenomeno, indicando quello stesso anno in cui effettivamente avvenne. I Lidi e i Medi, quando videro la notte prendere il posto del giorno, cessarono il combattimento e s’adoperarono entrambi perché si facesse tra loro la pace…>>
Anche Omero nella sua Odissea narra che il ritorno a Itaca di Ulisse fu preceduto dall'oscuramento del Sole, presagio della sventura che si abbattè sui Proci.
Altro avvenimento legato a un'eclissi ce lo racconta lo storico Diodoro Siculo che ci parla della fuga del tiranno di Siracusa, Agatocle: << Essi raggiunsero la salvezza insperatamente sul far dell’alba. Il giorno successivo ci fu un’eclissi di Sole nel corso della quale scese il buio più fitto e le stelle furono viste splendere per tutto il cielo. Gli uomini di Agatocle, interpretando l’evento come un cattivo presagio, precipitarono nell’angoscia per il loro futuro >>. 
Si dice che anche la Guerra del Peloponneso fu teatro dell'eclissi del 3 agosto del 431 a.C..
Insomma gli eventi legati a un'eclissi sono numerosi e quasi sempre negativi, i più superstiziosi venerdì prepareranno sicuramente corni e cornetti, si muniranno di metallo o faranno riti per scacciare la negatività, per gli appassionati di astronomia sarà un fenomeno a cui assolutamente assistere. In ogni caso il 20 Marzo 2015 sarà una data da ricordare.

Fonti: Enciclopedia Italiana Treccani; "La Repubblica"; Meteoweb.eu.

lunedì 2 febbraio 2015

Ercole o Eracle

Chi non conosce il mito di Ercole o Eracle, l'eroe delle famose dodici Fatiche? Forse un pò tutti dal momento che sono stati fatti film, serie tv e cartoni animati su questo personaggio. Quanti però conoscono la vera storia di Ercole? Ebbene ho pensato di scrivere brevemente la nascita di questo eroe della mitologia greca e raccontare come nasce la leggenda che lega il suo nome alla città di Ercolano, una curiosità che spero soddisferà non solo gli abitanti della città stessa ma chiunque ne sia appassionato.
Ercole (Hercules) per i Romani e Eracle (Ἡρακλῆς) per i Greci, il cui nome è composto da  Ἥρα ovvero la dea Era e κλέος ovvero "gloria" (letteralmente  "gloria di Era"), nasce secondo la leggenda dall'unione di Zeus  e Alcmena, figlia di Elettrione, re di Micene. Il mito racconta che Anfitrione, giovane re di Tirinto, si era invaghito di Alcmena. Il padre Elettrione promise di darla in sposa solo se avesse vendicato la morte dei suoi figli uccidendo la popolazione dei Tafi. Zeus approfittando dell'assenza di Anfitrione, prese le sue sembianze e giacque con Alcmena. Da questa unione nacque Eracle, metà mortale e metà divinità, come è conosciuto nella tradizione. Hera per vendicarsi del tradimento del marito mandò dei serpenti nella culla di Eracle che li strozzò, mostrando già da piccolo la sua forza sovraumana.
Fu allevato a Tebe dallo stesso Anfitrione. Vinse una guerra contro i Mini che pretendevano un tributo da Tebe e in seguito a questa vittoria il re Creonte gli promise sua figlia Megara in sposa. Da Megara si dice che ebbe due figli, altri dicono tre, quattro, persino otto. Eracle riportò molte altre vittorie che lo fecero diventare l'eroe più famoso di tutta la Grecia. Era, seccata dai successi di Eracle, lo fece impazzire. La pazzia lo portò a uccidere i suoi stessi figli. Dopo aver recuperato la ragione, le successive vicende si dividono. Secondo una versione la Pizia, sacerdotessa degli oracoli di Delfi, si rivolse ad Eracle consigliandogli di fissare la sua residenza a Tirinto, di servire Euristeo per dodici anni e di compiere tutte le fatiche che gli imponeva; come ricompensa avrebbe ottenuto l'immortalità. Secondo un'altra versione Eracle fu l'amante di Euristeo e per piacergli compì le dodici Fatiche. Ad ogni modo le dodici Fatiche di Ercole o Eracle sono le vicende più famose compiute dall'eroe.
Non tutti sanno che secondo lo storico greco Dionigi di Alicarnasso, Ercolano venne fondata da Eracle di ritorno dalla sua decima fatica (l'uccisione del mostro Gerione). La leggenda narra che Ercole, tornato dall'uccisione del mostro Gerione (la decima delle sue dodici fatiche), si fosse fermato a Roma, dove chiese alla dea Fauna di dissetarlo, ma questa rifiutò, poiché la sua acqua sacra era riservata alle sole donne. In preda alla collera, Ercole costruì un tempio in onore di sé stesso e vietò alle donne di partecipare alle sue cerimonie.
Intanto, un figlio di Vulcano, il demone Caco, rubò una parte della mandria di buoi che Ercole aveva a sua volta preso al mostro Gerione, e che erano destinati alla città di Argo. L'eroe si adirò molto e si mise alla ricerca dei buoi, che però si rivelò molto ardua perché il demone Caco aveva portato le bestie nella sua grotta sul Vesuvio, trascinandole per la coda, in modo che le orme rovesciate indicassero la direzione opposta.
Proprio quando stava per rinunciare, uno dei bovini rispose al richiamo di Ercole, che così scoprì dove si fosse nascosto il ladro: una volta raggiunto, scoprì che i suoni provenivano da una caverna sul Vesuvio, che era stata però chiusa dall'interno con un enorme masso. Ercole allora prese una rupe appuntita e riuscì ad aprirsi un varco all'interno della spelonca.
Caco cercò di difendersi vomitando dalle fauci un'immensa nuvola di fumo che avvolse la grotta, ma Ercole balzò attraverso il fumo, afferrò Caco e lo strinse tanto da fargli uscire gli occhi dalle orbite, uccidendolo.
Poi, recuperato il bestiame, decise di tornare ad Argo, e continuare le ultime due fatiche rimaste, ma prima volle edificare una città nel luogo dove aveva costruito il tempio; fondò così una cittadina e le diede il suo nome: Herculaneum. In realtà il culto di Ercole è diffuso anche in altre città dell'area vesuviana come Pompei, ma ci piace pensare che la leggenda sia vera e che la città di Ercolano sia legata alle vicende di uno degli eroi più famosi al mondo, il nome Herculaneum non sarà solo un caso.


Ercole Farnese,
copia romana di un originale di Lisippo
Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Nell'iconografia greca e romana Ercole o Eracle viene raffigurato con gli attributi della clava e della pelle leonina, talvolta anche con l'arco e la faretra. La muscolatura è sempre vigorosa, In alcuni tipi italici presenta anche la corazza mentre i due tipi barbato e imberbe coesistono sin dall'arcaismo. Numerose sono anche le sue raffigurazioni in azione nelle dodici Fatiche.

mercoledì 21 gennaio 2015

Il Partenone

Una delle opere architettoniche più famose al mondo e più importante ad Atene è sicuramente il Partenone.
Rappresenta il "frutto" principale dell'arte classica, simbolo di una pace conquistata dai Greci dopo la fine delle guerre persiane, un inno alla grandezza di Atene che è al culmine del suo splendore.
Il Partenone prende il nome dalla statua che vi si trovava all'interno, l'Atena Parthenos (Atena la vergine), distrutta probabilmente in un incendio nel V sec d.C..
Il Partenone sorgeva su un edificio preesistente, il tempio di Atena Polias; fu iniziato dopo la pace di Kallias del 449 a.C., nel 447 a.C. e la costruzione continuò fino al 438 quando fu inaugurata la statua cristoelefantina di Atena. L'edificio venne costruito partendo dall'esterno e proseguendo all'interno, quindi venne prima completato il colonnato, poi la cella e poi  l'interno. Per i lavori vennero impiegati moltissimi operai che lavoravano con gran velocità. Inoltre le fonti fanno anche il nome di alcuni architetti quali Iktinos, Kallikrates e Karpion. Fidia invece fu il sovrintendente di tutti i lavori dell'Acropoli. Dunque il Partenone è il risultato di una collaborazione tra personalità di gran rilievo, capacità ed esperienza.
Pianta del Partenone

Plan of the Parthenon

Veniamo alla descrizione: l'edificio poggia su un basamento su cui si innalzano 8 colonne per 17, l'aver scelto un tempio ottastilo significa prendere spunto dai grandi tempi dell'Asia del VI secolo, allontanandosi dai canoni tradizionali. Il naos è anfiprostilo, ovvero presenta 6 colonne sia nella parte anteriore che posteriore; il pronaos presenta 4 colonne ioniche; la cella  presenta tre navate divise da un doppio ordine di 10 colonne e aveva sul fondo una file di 5 colonne, in mezzo al doppio ordine sorgeva imponente la statua crisoelefantina di Athena.
Il ciclo di sculture del Partenone rappresenta il maggior complesso di età classica. L'edificio era decorato da 92 metope, un fregio continuo di 160 metri che girava intorno alla cella e due frontoni con figure colossali. Le sculture erano tutte eseguite in marmo pentelico; erano arricchite da bronzo probabilmente dorato. Tracce di colore rosso e blu sono state trovate in diversi punti, Si può affermare dunque che il fondo delle metope era campito di rosso e blu e che il fondo del fregio era blu; le figure inoltre erano arricchite anche da rosso, verde e dorature.
Le metope era 14 sui lati brevi e 32 sui lati lunghi e formavano un ciclo di quattro avvenimenti. Sul lato occidentale una amazzonomachia, sul lato settentrionale il ciclo dell'Ilioupersis, sul lato orientale una gigantomachia, sul lato meridionale una centauromachia.
Il fregio invece rappresenta un evento realistico: la processione delle Panatenee con figure in successione di cavalieri, carri, anziani, musicisti di cetre e flauti, portatori di hydriai, coloro che recano vassoi con le offerte, coloro che guidano le pecore e i vitelli al sacrificio. Le processioni confluivano nel fregio orientale dove sono rappresentate le fanciulle che offrono il sacro peplo alla dea, mentre assistono gli dei invisibili. Dunque alla concitazione del fregio occidentale, in cui i cavalieri si preparano alla processione, si contrappone la pacatezza delle figure del fregio orientale.
Sui frontoni sono rappresentate rispettivamente su quello orientale la nascita di Athena, su quello occidentale il mito della gara tra Athena e Poseidon per il possesso dell'Attica.



Oggi i marmi del Partenone, ovvero le metope e i frontoni, sono conservati al British Museum di Londra in seguito all'espoliazione avvenuta all'inizio dell'Ottocento ad opera di Lord Elgin, che allóra si considerava l'ambasciatore di Londra. Sebbene la Grecia rivendichi il possesso dei marmi decontestualizzati all'interno del British Museum, probabilmente l'azione di Elgin salvò i marmi da ulteriori pericoli futuri.
Chi visita oggi l'Acropoli di Atene non può che apprezzare la grandiosità del monumento e in qualche modo immergersi per un attimo nell'atmosfera che si viveva in quegli anni ad Atene.